L'attività del Museo consiste nel censimento, recupero, catalogazione, classificazione, conservazione e valorizzazione dei beni storico-militari relativi alla Guerra Bianca, siano essi mobili (oggetti, reperti, beni archivistici, manoscritti, documenti stampati, fotografici e cinematografici, ecc.), oppure immobili (fortificazioni e manufatti militari permanenti e campali, strade e sentieri militari, cippi, e iscrizioni), insistenti sul territorio relativo ai settori operativi d'alta e media quota che dal Passo dello Stelvio si estendono fin quasi al Lago di Garda.
Il patrimonio storico del Museo è in costante aumento, sia grazie alle donazioni di oggetti, fotografie e documenti da parte di visitatori, collaboratori e amici, sia e soprattutto grazie all'intensa e difficoltosa attività di recupero dei beni dalle aree glaciali e periglaciali svolta con passione e professionalità dal personale tecnico scientifico del Museo.
Ma il patrimonio del Museo non si limita agli oggetti: la valorizzazione del patrimonio avviene sia per mezzo della gestione delle collezioni, sia e soprattutto nell'ambito dello sviluppo di un museo allargato al territorio: le due attività, integrandosi in un vero e proprio Museo Territoriale, consentono di approfondire la ricerca sui beni e sui documenti, nonché la trasmissione delle conoscenze acquisite, tramite numerosi incontri con le scuole, la scelta di itinerari didattici e percorsi educativi, la progettazione finalizzata al recupero di manufatti, la divulgazione con strumenti multimediali.
Il modo di operare del Museo, fino ad ora basato esclusivamente sul contributo di lavoro volontario prestato dai suoi soci, è professionale, grazie a metodi di gestione razionali e tecniche operative scientificamente collaudate.
In merito alla tutela del patrimonio storico della Prima Guerra Mondiale il Museo della Guerra Bianca in Adamello si pone di fatto come punto di riferimento e guida, mettendo il proprio bagaglio culturale a disposizione di altre realtà private ed istituzionali che con esso condividono l'ambito operativo, sia mediante la pubblicazione di opere frutto dell'attività museale, sia tramite collaborazioni dirette e consulenze.
L'operato del Museo si svolge inoltre con la conservazione e la gestione di una ampia biblioteca specializzata e di un archivio cine-fotografico ove sono raccolti in grande quantità documenti e immagini sulla Grande Guerra in alta quota
Costituiscono parte integrante delle attività del Museo una serie di iniziative culturali come:
Per le relazioni annuali ed i bilanci annuali del Museo.
Nell'ambito delle finalità del suo statuto l'Associazione che gestisce il Museo si occupa della tutela e valorizzazione dell'etnologia della Valle Camonica con una particolare attenzione al territorio dell'Alta Valle.
In particolare è da segnalare la collaborazione prestata nel 2001 per l'allestimento della mostra organizzata dal Comune di Temù: "Un abitato dell'età del Ferro a Temù" , esposizione dei materiali e delle ricerche relative al ritrovamento dei resti di un'abitazione degli inizi del V secolo a.C. in località Desèrt, nel territorio del Comune stesso.
L'esperienza maturata sul campo, affinata con la ricerca storica e scientifica, pone oggi il Museo della Guerra Bianca in Adamello come ente di riferimento e guida nella tutela del patrimonio storico-culturale della Prima Guerra Mondiale in Lombardia. Il Museo ha rapporti di collaborazione con la Regione Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento ed il bagaglio tecnico-scientifico del Museo è messo a disposizione di altre realtà culturali del settore, di dimensioni più importanti, come il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, i Civici Musei d'Arte e Storia di Brescia e la Soprintendenza di Trento, strutture con le quali il Museo coopera per la realizzazione di progetti sia locali sia di respiro più ampio.
Dalla primavera 2001 il Museo della Guerra Bianca in Adamello fa parte della Rete dei Musei per la Storia in Lombardia creata nel 2000 nell'ambito di un progetto della Rete Culturale e dell'Unità Operativa Musei della Regione Lombardia.
Il museo ha nel tempo realizzato una serie di mostre fotografiche tematiche relativamente a veri argomenti della Guerra Bianca: tali mostre valorizzano una parte del patrimonio fotografico d’epoca presente negli archivi del museo o illustrano elementi particolari del teatro di guerra lombardo.
Tali mostre possono essere noleggiate per allestimenti temporanei. A questo link potete trovare la descrizione delle mostre disponibili e le modalità di noleggio.
La pubblicazione di studi e ricerche è tra le attività primarie della divulgazione storico-scientifica svolta dal Museo. Grazie al continuo lavoro di ricerca in archivi pubblici e privati svolta da soci e collaboratori del Museo la storia inerente la “Guerra Bianca” e il territorio Lombardo su cui si è svolta è continuamente arricchita da nuove testimonianze. Tutte le pubblicazioni, salvo esaurimento, sono disponibili presso il Museo e presso il Bookshop online
Il Museo della Guerra Bianca in Adamello mette a disposizione dei propri utenti un servizio libreria con ordinazione on-line dove reperire libri, materiali multimediali e altri oggetti relativi alla Guerra Bianca, al suo territorio ed al suo contesto storico, paesaggistico ed ambientale.
Le pubblicazioni proposte, alcune realizzate in proprio dal Museo, sono spesso difficili da reperire altrove, salvo presso alcune librerie specializzate.
L'Esposizione
Il 28 luglio 2014, centesimo anniversario dello scoppio della Grande Guerra, è stata inaugurata la nuova sede espositiva interamente dedicata alla Guerra Bianca, realizzata in conformità ai più alti standard di qualità regionali eministeriali. Qui sono esposti oltre 1700 beni (alcuni dei quali unici al mondo) presentati con testi e immagini storiche che aiutano il visitatore a comprendere gli elementi più caratteristici della Guerra vissuta e combattuta in alta quota: il muoversi e l’abitare, la sopravvivenza al clima, la varietà delle armi, dell’artiglieria, dei sistemi di trasporto e delle diverse attrezzature per la montagna, la vita di trincea in condizioni estreme, la sofferenza e, infine, la morte.
La collezione esposta nel Museo proviene quasi esclusivamente da recuperi effettuati nel tempo dai soci dell’Associazione e si arricchisce continuamente grazie alle attività di monitoraggio delle aree glaciali svolte dal personale tecnico-scientifico del Museo, grazie alle collaborazioni con altri Musei e grazie alle donazioni di privati cittadini che affidano al Museo i ricordi dei loro avi.
Il percorso di visita
La visita si articola su un percorso ad anello lungo i due piani della struttura espositiva. I pannelli di testo presenti nel percorso sono caratterizzati da una differenza di colore: i testi scritti in nero su fondo bianco sono stati redatti dalla commissione scientifica del Museo e presentano le varie sezioni o argomenti mentre i testi stampati in bianco su fondo nero sono testimonianze originali di combattenti scritte durante la guerra e tratte da lettere o diari: si è ritenuto infatti fondamentale dare voce di chi visse in prima persona la tragica esperienza della guerra.
Lungo tutto il percorso di visita sono disposti oggetti che hanno subito (o provocato) danni evidenti durante le azioni di guerra, al fine di richiamare costantemente l’attenzione del visitatore sulla provvisorietà delle cose e, soprattutto, della vita dei soldati in guerra che in un istante gli poteva essere tolta da un frammento di acciaio realizzato da un altro soldato uguale a lui, ma con la divisa di un altro colore.
La tenda varcata all’ingresso segna simbolicamente il passaggio del visitatore all’interno della storia che sta per scoprire.
1) INQUADRAMENTO STORICO DELLA GUERRA BIANCA
Il primo spazio è dedicato a introdurre il visitatore al contesto generale della Grande Guerra 1914 – 1918 e a comprenderne la sua estensione a livello mondiale. L’attenzione viene quindi portata su quella particolare porzione di territorio del fronte italo-austriaco che, unico al mondo, vide svolgere le azioni di guerra a quote elevatissime: il fronte della Guerra Bianca. In Lombardia, per le particolari caratteristiche del terreno e per le necessità di distribuire le opere difensive su più linee parallele, tale fronte occupò un territorio di circa 4.000 Km 2 e tutto il percorso espositivo è volto ad illustrare le caratteristiche di questo particolare fronte.Il fronte d’alta quota, per la grande difficoltà di stanziare e muovere uomini e mezzi in montagna, fu decisamente marginale nel contesto della Grande Guerra. Ciò nonostante, sulle montagne dell’alta Valtellina e della Valle Camonica furono combattute diverse battaglie aventi quale obiettivo, per entrambi i contendenti, il dominio dei valichi del Tonale e dello Stelvio e l’apertura delle direttri
ci di transito verso la Lombardia, per gli austro-ungarici, ein direzione del Tirolo, per gli italiani. Per questo, nell’impossibilità di superare direttamente le difese organizzate sui due Passi, furono svolte diverse azioni nelle aree glaciali dei massicci montuosi dell’Adamello-Presanella e dell’Ortles-Cevedale.
Data la natura particolarmente difficile dell’ambiente glaciale, le azioni furono caratterizzate da grandi sforzi di preparazione logistica, con il trasporto in quota di grandi quantità di equipaggiamento, artiglieria e munizioni, sebbene poi siano state svolte da reparti combattenti molto piccoli, soprattutto rispetto a quelli impegnati nelle battaglie del fronte di pianura: le azioni più impegnative furono, anzi, affidate a piccole pattuglie formate addirittura da pochi uomini.
2) SOPRAVVIVENZA E PERMANENZA IN ALTA QUOTA
Il forno Weiss
Uno degli aspetti peculiari della guerra d’alta montagna riguarda la necessità di alimentare migliaia di soldati ad altissime quote, dislocati su postazioni spesso difficilmente raggiungibili e con temperature abbondantemente sotto zero. Se all’inizio delle ostilità entrambi gli eserciti si dimostrarono impreparati per gestire efficacemente tale aspetto, col passare dei mesi furono via via adottate soluzioni che permettevano ai soldati di alimentarsi non solo con il cibo in scatola, ma di poter ricevere anche pasti caldi, capaci di garantire lo specifico apporto energetico necessario alle truppe operanti in alta quota. Questo fu reso possibile con l’adozione di speciali casse di cottura, capaci di cuocere le pietanze e conservare il calore per molte ore anche in condizioni climatiche estremamente rigide. Il cibo in scatola rimase comunque la fonte di approvvigionamento primario sia per le postazioni più remote, sia durante i periodi di maltempo che impedivano la salita alle colonne dei portatori. A fondovalle, il servizio panificatori produceva in continuazione pagnotte utilizzando batterie di forni da campo come quello qui esposto. Si tratta di un forno campale italiano modello Weiss, con 6 bocche da forno alimentate da una caldaia a legna. Il forno, essendo montato su un carro ippotrainato, era facilmente spostabile sulle strade carreggiabili del fronte ed era rapidamente messo in servizio: bastava raddrizzare il camino e accendere la caldaia a legna.
La baracca Damioli
Le severe condizioni climatiche del fronte alpino imposero subito la realizzazione di ricoveri in grado di riparare le truppe dalle avversità climatiche. Col passare del tempo, i primi ricoveri di fortuna scavati nella neve o realizzaticon semplici tende riparate da muretti di sassi, furono sostituiti con baracche in legno, costruite con forme e dimensioni differenti per adattarsi ai piccoli spazi disponibili sulle creste rocciose.
Con il proseguo della guerra e con la necessità di mantenere in alta quota un numero sempre maggiore di uomini e mezzi, furono scavate ampie piazzole nella roccia e nel ghiaccio dove i soldati edificarono le più svariate costruzioni, dapprima solo in legno, poi anche in muratura. Una tipologia di baracca particolarmente adatta all’alta quota era il modello Damioli.
Si tratta di una struttura prefabbricata composta da centine metalliche e tavole, elementi relativamente leggeri e adatti ad essere facilmente trasportati anche a spalla. Data la modularità degli elementi, era possibile costruire baracche delle dimensioni volute in base alle esigenze e agli spazi disponibili. Due erano i modelli disponibili: grande e piccolo. Il modello grande aveva la forma di chiglia di nave rovesciata, la base del frontale misurava 5,2 m di larghezza e, nel punto più elevato, 3,75 m di altezza. Ogni sezione aveva modularità di 2 metri d’ampiezza. La disposizione degli spazi interni prevedeva un corridoio centrale e, ai lati, gli spazi per i materiali immagazzinati oppure i tavolati per il ricovero della truppa oppure gli stalli per gli animali.
Il modello piccolo ha la forma di mezza chiglia rovescia e le dimensioni della base del frontale erano 3,2 m di larghezza e, nel punto più elevato, 3,15 m di altezza. Ogni sezione aveva modularità di 2 metri d’ampiezza. La forma della struttura era particolarmente adatta per essere addossata alle pareti di roccia dalla parte verticale mentre la parte convessa facilitava lo scivolamento della neve. La disposizione interna degli spazi prevedeva il corridoio sul lato verticale e a lato lo spazio per il ricovero della truppa e/o dei materiali.
Entrambi i modelli prevedevano un rivestimento costituito da doppia parete in legno (una interna ed una esterna alle centine metalliche) e l’intercapedine tra le due pareti era riempita di paglia e/o di segatura per aumentare il grado di isolamento termico. Esternamente erano rivestite da uno o più strati di cartone catramato per garantire l’impermeabilizzazione.
Spesso tali costruzioni venivano realizzate sul ghiacciaio, e quindi esternamente venivano dipinte di bianco per essere meno visibili dall’osservazione avversaria.
L’esemplare qua esposto è l’unico noto oggi esistente al mondo. A seguito dello scioglimento glaciale fu rinvenuto nel 1998 sul Corno di Bedole a quota 3220. Con una complessa operazione di messa in sicurezza e smontaggio delle parti metalliche e ricerca delle parti in legno fu recuperata l’estate successiva. In vista dell’allestimento della nuova sede espositiva la baracca è stata oggetto di un intervento di restauro conservativo assai rigoroso.
Nell’allestimento attuale accoglie al suo interno molti degli elementi che facevano parte della vita del soldato sia italiano sia austriaco sul fronte d’alta quota: il tavolo con le panche, brande, coperte, vettovaglie, utensili, la stufa con la propria riserva di legna. Da notare la sommità del tubo della stufa, a suo tempo posizionato in vista del nemico e quindi forato da numerosi colpi di fucile.
In fronte alla baracca, scorrono su un ampio monitor numerose foto d’epoca facenti parte dell’archivio del Museo (la cui consistenza è di circa 12.000 immagini) e relative al tema dell’alloggiamento e della permanenza delle truppe in altra quota. Sono anche presentate le immagini del ritrovamento, recupero e restauro della baracca stessa.
3) ARTIGLIERIA IN ALTA QUOTA
Artiglieria convenzionale Un cannone italiano da 75 mod. 1911 Deport ed un obice austriaco da montagna da 7,5 cm mod. 1915 introducono alla visita della sezione dedicata all’artiglieria.
Durante il primo conflitto mondiale, l’artiglieria svolse un ruolo molto importante nella conduzione dei combattimenti. Ad essa venivano affidati numerosi compiti, come colpire da lontano i centri di rifornimento, disturbare il quotidiano lavoro di scavo di trincee e di posa di reticolati, rallentare l’afflusso dei rifornimenti, distruggere i ricoveri e le opere di difesa, controbattere l’artiglieria e l’aviazione avversarie, sconvolgere le trincee e i reticolati avversari prima dell’assalto. Per svolgere al meglio tali compiti l’artiglieria si era nel tempo evoluta e specializzata sia adottando varie tipologie di armi (mortai, obici e cannoni) sia realizzando specifiche munizioni più adatte ai diversi compiti indicati. Inoltre, a partire dal 1886, anno dell’introduzione delle polveri alla nitrocellulosa, fino alla vigilia della Grande Guerra, si assistette in tutto il mondo ad una velocissima evoluzione della siderurgia e dell’industria pesante che realizzarono cannoni sempre più potenti e veloci, con gittate sempre più lunghe e/o più alte, per i quali furono realizzati proietti e sistemi d’innesco sempre più specifici per i vari impieghi. Con lo scoppio della guerra e con il vorticoso aumento del consumo di proietti d’artiglieria, molti stati si trovarono in difficoltà a reperire alcune materie prime necessarie alla produzione dei proietti, dei sistemi d’innesco e degli esplosivi. Per ovviare a tali carenze, soprattutto da parte austriaca, si ripiegò su materiali meno costosi, ma ciò rese necessarie ulteriori evoluzioni tecniche nella produzione.
La guerra sul fronte d’alta quota, per le sue specifiche caratteristiche, fu svolta con un minor numero di soldati e di mezzi rispetto a quella combattuta sul Carso, sull’Isonzo e sul Piave, ed altrettanto minore era il consumo di munizioni per artiglierie: per questo motivo sul fronte della Guerra Bianca furono destinati per lo più pezzi d’artiglieria antiquati di cui italiani ed austriaci disponevano di scorte di munizioni relativamente ridotte e solo durante particolari azioni venivano portate artiglierie e munizioni più moderne.
Per tutti questi motivi (differenziazione dei compiti dell’artiglieria, evoluzione tecnica delle armi e specializzazione delle munizioni, carenza di materie prime, e caratteristiche del fronte della Guerra Bianca) possiamo oggi osservare qua esposta una vastissima collezione di oltre 220 diversi tipi di proietti d’artiglieria rinvenuti sul teatro della guerra d’alta quota.
Uno dei principali ostacoli che i soldati degli eserciti contendenti dovevano superare per poter attaccare le posizioni avversarie era lo sbarramento di reticolati che proteggevano le trincee di prima linea. Grovigli di filo spinato, sostenuti da pali di ferro e di legno, venivano infatti posti davanti alle trincee per impedire gli assalti avversari. Tali insuperabili barriere erano lunghe quanto la linea da difendere e potevano avere una profondità di 5 - 10 o anche più metri.
Per sferrare azioni offensive era quindi necessario distruggere questi elementi difensivi avversari. Giorni interi di bombardamenti erano il preludio di un attacco della fanteria: decine di migliaia di proietti d’artiglieria venivanosparati per sconvolgere le difese avversarie e aprire varchi nei reticolati. Con l’esperienza del primo anno di guerra, gli eserciti si resero presto consapevoli della quasi totale inefficacia del tiro dell’artiglieria per l’apertura dei varchi nelle linee dei reticolati. Il motivo principale di tale inefficacia è dato dalla forte velocità di impatto dei proietti dell’artiglieria che ne determina, anche con spolette alquanto sensibili, la penetrazione nel terreno di 1 o 2 o più metri prima di esplodere. Il cono dell’esplosione investiva il reticolato da sotto, lo sollevava aprendo un piccolo foro ma la massa di fili intrecciati ricadeva a terra spesso richiudendo il foro. Per questo motivo furono studiati e messi in campo mezzi più efficaci come i tubi di gelatina, ma questi dovevano essere posati a mano dai soldati: una operazione molto rischiosa, vista la brevissima distanza che separava i reticolati dalla trincea avversaria e quindi gli addetti a tale compito erano molto spesso votati alla morte. Per questo motivo nel corso della guerra la distruzione dei reticolati fu progressivamente affidata al tiro dell’artiglieria da trincea: bombarde e lanciabombe, armi semplici e facilmente trasportabili anche presso le prime linee, che lanciavano proietti costituiti da involucri metallici dalle pareti relativamente molto sottili e contenenti una grande quantità di esplosivo. Tali proietti erano molto più lenti dei proietti dell’artiglieria convenzionale e pertanto non penetravano nel terreno e esplodevano superficialmente. Al momento dello scoppio il corpo metallico era dilaniato in tante piccole schegge molto taglienti che recidevano i fili del reticolato mentre il forte spostamento d’aria prodotto dall’esplosione apriva il varco. Essendo armi molto semplici non si pretendeva da esse estrema precisione, tuttavia i proietti erano in alcuni casi dotati di impennaggi per garantire una certa stabilità della traiettoria.
Sul monitor a fianco dell’ingresso alla sala polivalente scorrono numerose immagini relative al tema dell’artiglieria in alta quota.
4) LA SALA AUDIOVISIVI
Per i visitatori che intendono concedersi una pausa nella visita, nella sala polivalente è possibile assistere alla proiezione di un filmato recentemente realizzato che presenta alcuni luoghi particolarmente significativi e le attività di salvaguardia della memoria recentemente realizzate.
Terminata la sezione artiglierie a mezzo della scala (o dell’ascensore) si sale al piano superiore. L’ascesa prende simbolicamente il significato della fatica che fu fatta per issare a quelle altezze tutto quanto era necessario per vivere, combattere e morire.
5) I TRASPORTI LOGISTICI IN ALTA QUOTA
Diversi pannelli introducono l’argomento e illustrano l’evoluzione della complessa rete di trasporti logistici necessari al mantenimento operativo di truppe in alta quota, in essi sono certamente significative le testimonianze dei soldati di allora.
Nel lungo corridoio che segue è esposta una collezione unica al mondo di slitte da trasporto italiane ed austriache utilizzate nella Prima Guerra Mondiale. Vi sono slitte speciali appositamente realizzate per il trasporto di pezzi d’artiglieria, slitte per il traino con i cani (più leggere e veloci), slitte per il traino con i muli (più pesanti ed adatte a carichi maggiori), slitte a pianale ribassato per i carichi pesanti, slitte con cassone ed addirittura una slitta conserva l’originale colore mimetico … verde militare. In questa sezione espositiva è di notevole interesse storico la vetrina che contiene un obice da montagna italiano da 70 mod. 1904 montato su pattini da neve.
Questo insieme (unico nel suo genere) è il frutto della preziosa collaborazione tra il Museo (che rinvenne i pattini a oltre 3000 metri di quota e reperì le informazioni storiche su di essi) e il Comando Logistico dell’Esercito, Ufficio Alienazioni, che, previo parere dello Stato Maggiore dell’Esercito V Reparto Affari Generali-Ufficio Storico, ha concesso in comodato il pezzo d’artiglieria al fine di garantirne ampia fruizione pubblica (numerose informazioni relative ai musei militari possono essere reperite al seguente link: https://www.esercito.difesa.
Anche i soldati, tuttavia, si trovarono spesso ad essere impiegati in snervanti lavori di traino di grossi pezzi di artiglieria, a quote o pendenze per le quali i muli non si rivelavano idonei. E’ il caso, ad esempio, del famoso cannone da 149G, soprannominato dagli alpini l’Ippopotamo, che da Temù, smontato su tre slittoni, fu trainato fino ai 3.260 metri di quota di Cresta Croce, grazie alla fatica di oltre 300 soldati (Alpini, Artiglieri di montagna e Milizia Territoriale) impiegati contemporaneamente nel traino. Verso il fondo del corridoio uno spazio è dedicato alla “Galleria Azzurra”, ovvero una galleria scavata nel ghiacciaio dai militari italiani che con un percorso di 5.200 m attraversava la vedretta del Mandrone da Passo Garibaldi al Passo della Lobbia Alta garantendo, con ogni situazione meteorologica, il transito dei rifornimenti senza essere visti dagli avversari. La galleria era illuminata con 120 lampade elettriche ed era dotata di numerosi ponti per superare altrettanti crepacci. Di quella galleria, oggi completamente scomparsa, sono esposti alcuni isolatori della linea elettrica, un porta lampada e uno speciale rullo realizzato dai militari italiani per levigare la pista destinata alle slitte.
Sul monitor al termine delle teche scorrono numerose immagini relative al tema dei trasporti logistici in alta quota.
Girato l’angolo del corridoio delle slitte appare in tutta la sua grandezza una una rarissima stazione di rinvio di teleferica italiana Ceretti e Tanfani. Elemento primario dell’esposizione, è il frutto di un complesso lavoro di recupero in quota e di una altrettanto impegnativa opera di restauro conservativo e di riallestimento. Particolarmente significativa la presenza del carrello appositamente realizzato per usi militari per il trasporto di una barella portaferiti.
Nei pannelli esplicativi sono descritte sia le caratteristiche generali degli impianti a fune sia l’importanza e l’estensione della rete di teleferiche sul fronte d’alta quota. Vale la pena ricordare che questo esposto è l’unico esemplare noto al mondo ed è interamente costituito da parti recuperate in area glaciale.
Di fronte alla teleferica troviamo un tratto di binario ed un carrello di decauville. Si tratta di materiale rotabile di normale utilizzo nel settore minerario reimpiegato in ambito militare per facilitare gli spostamenti di materiali lungo tratti pianeggianti. Al suo fianco un accenno della guerra aerea in alta quota e una cartina di una piccola porzione di fronte sulla quale sono fittamente riportate le posizioni di ricoveri, baracche, trincee, postazioni d’artiglieria, strade militari e teleferiche.
6) COMBATTERE IN ALTA QUOTA
In corrispondenza del termine della teleferica, dove nella realtà del fronte si ammassavano i materiali necessari sia per la sopravvivenza dei militari, sia per l’impiego in combattimento, il percorso si stringe a simboleggiare lo spazio ristretto delle trincee, e le teche successive, volutamente più ricche di piccoli oggetti frutto di anni di ricerche, mostrano la quotidianità della vita dei soldati italiani ed austriaci in prima linea, con le comuni difficoltà di sopravvivere e combattere in alta quota con equipaggiamenti non sempre di prim’ordine. Sono qui esposte divise e attrezzi da scavo, scatolette di cibo in conserva, casse di munizioni e materiale sanitario a rappresentare chein ogni trincea si viveva, si lavorava, si mangiava e si moriva.
Ogni oggetto, attraverso un’adeguata didascalizzazione, fa parlare di sé e di quanti se ne sono serviti, e racconta uno spaccato di storia intrisa di sacrifici e sofferenza.
A metà di questo percorso due schermi offrono la possibilità di vedere da un lato numerose immagini d’epoca riguardanti azioni di combattimento in alta quota e dall’altro un particolare strumento di guerra che veniva fatto circolare in tutte le trincee di tutti i fronti: lo strumento della propaganda, mostrato attraverso immagini della vastissima collezione di volantini che, per ragioni di spazio, non è possibile esporre nella sua interezza.
Più ci si inoltra nella simboleggiata trincea più gli strumenti di vita quotidiana lasciano il posto agli strumenti di offesa e difesa che facevano parte della dotazione personale di ciascun combattente di ogni esercito: fucili, bombe a mano, baionette ed ancora, scudi da trincea, elmetti, maschere antigas.
Il percorso di visita prosegue quindi nell’ideale trincea, rappresentata da un lato da teche contenenti armi ed attrezzature per il combattimento ravvicinato, dall’altro da una grande teca ove sono stati riallestiti due tratti di trincea (uno italiano ed uno austriaco) utilizzando esclusivamente materiali originali provenienti dal fronte dei ghiacciai, oggetti quindi estremamente rari e qui esposti in ottime condizioni di conservazione. Tale riallestimento è stato pensato per mostrare la visione dall’interno della trincea con lo scopo di cercare di rendere quel senso di protezione che provavano i militari di entrambi gli schieramenti all’interno delle stesse, in palese contrasto con l’esposizione ed il pericolo che provavano standone al di fuori.
Al termine della trincea, infatti, uno sbarramento di reticolato, anch’esso originale e recuperato in quota, impedisce idealmente il percorso del visitatore e raffigura realisticamente l’ultimo ostacolo che i soldati dovevano affrontare durante l’assalto alle posizioni avversarie: la linea dei reticolati fu per moltissimi combattenti la soglia del non ritorno.
7) LA STANZA DELLA RIFLESSIONE
Una tenda semiaperta, al pari di quella incontrata all’inizio del percorso di visita, conclude il viaggio del visitatore nella storia e lo lancia nell’ultima sala: grande, praticamente vuota, tutta nera, in cui fanno contrasto quattro bianchissime croci in cemento provenienti da uno degli otto cimiteri militari presenti in Alta Valle Camonica: questo ampio spazio, solo apparentemente vuoto, chiude l’esposizione proponendo una profonda riflessione sul vero significato della guerra: tragedia, sofferenza, morte. Aiutano in questo due immagini che mostrano la distruzione dell’uomo e della sua civiltà abbinate alle toccanti parole di Giuseppe Ungaretti e di Gian Maria Bonaldi. Certamente molto significativa l’immagine del cimitero militare di Temù che era stato realizzato proprio dove oggi sorge il Museo: un legame strettissimo tra allora e oggi per garantire la memoria di quei tragici eventi.
Usciti dalla stanza della riflessione, una ampia sala è dedicata alle mostre temporanee mentre, attraverso le immagini proiettate su uno schermo, è presentato l’ampissimo patrimonio culturale relativo alla Prima Guerra Mondiale diffuso sul territorio della Regione Lombardia.
Accessibilità
Il Museo nasce totalmente fruibile per chi presenta disabilità motorie, infatti, a partire dalla presenza di un ampio ascensore che dal parcheggio sotto alla struttura raggiunge i due piani dell’edificio, il percorso di visita si sviluppa entro ambienti e corridoi di adeguate dimensioni e, per facilitare la visione dalla carrozzella, i beni sono esposti ad una altezza media ribassata, soluzione molto gradita anche dai bambini. E’ ovviamente presente un bagno dedicato.
Il percorso espositivo si pone quale un immaginario “viaggio” del visitatore attraverso gli elementi caratteristici della “Guerra Bianca”. Per questo i beni musealizzati sono presentati con un ordine specifico e rappresentativo delle fasi di progressiva immersione nel tema della grande guerra in alta quota. Tutto il percorso è illustrato da ampi pannelli esplicativi multilingue (italiano, inglese, tedesco) nei quali i testi scritti in colore nero su sfondo bianco rappresentano la narrazione dell’argomento esposto, mentre i testi scritti in colore bianco su sfondo nero sono parte del patrimonio storico stesso in quanto sono testimonianze scritte durante la guerra dagli uomini che la vissero in prima persona e riportate nel percorso di visita per la loro valenza e aderenza al tema trattato.
Fino al 2018 la percezione del percorso espositivo era acquisibile solamente attraverso la vista e l’impegno della lettura. Per aumentare notevolmente le possibilitàdi comprensione dei temi esposti nel Museo attraverso l’interazione (e integrazione) dei sensi dell’udito e del tatto e, soprattutto, per renderli fruibili ai visitatori ipovedenti e non vedenti, il Museo (grazie anche ad un cofinanziamento di Regione Lombardia) si è dotato di due importanti supporti di visita: un sistema di visita guidata sensibile alla posizione del visitatore e di tre postazioni tattili.
Il sistema di visita interattiva
Il sistema di visita interattiva è attualmente disponibile in tre lingue (italiano, inglese, tedesco) e si basa sulla microlocalizzazione del visitatore entro gli spazi del Museo. E’ costituito da una specifica App per smartphone (scaricabile gratuitamente alla reception) e da piccoli segnalatori (chiamati beacons) posizionati nei punti prestabiliti per fornire le informazioni sull’argomento e/o sul bene esposto. In tal modo il visitatore può muoversi liberamente nel Museo e via via si avvicina ai punti selezionati ascolta (ovviamente solo attraverso le cuffie) la narrazione dell’argomento o la descrizione del bene a cui si è avvicinato.
Gli argomenti interessati dalla presentazione attraverso il sistema di audioguida sensibile alla posizione sono 12:
Le postazioni tattili
Già in fase di progettazione dell’allestimento della nuova sede erano stati previsti tre specifici spazi da destinare a postazioni tattili al fine di illustrare anche attraverso il tatto tre degli elementi più caratteristici dell’evento “guerra bianca”. Con il progetto finanziato nel 2018 si è concretizzata tale realizzazione.
Gli oggetti esposti sono stati selezionati tra i beni presenti nei depositi del museo per la loro rappresentatività nell’ambito del tema affrontato e dal facile maneggio. Tale selezione ha, per ovvi motivi, escluso oggetti che potessero presentare un potenziale pericolo per chi li volesse maneggiare (come lame, oggetti taglienti e/o particolarmente pesanti o con meccanismi mobili che possano dare adito a involontari schiacciamenti). Per evitare cadute accidentali gli oggetti sono vincolati all’espositore tramite cavetti in acciaio.
Le tre sezioni tattili sono:
una postazione è stata predisposta con materiali inerenti il particolare tema dell’artiglieria, in essa il visitatore può prendere contatto con proietti, schegge e spolette, elementi già descritti nelle precedenti vetrine del museo, ma qui riprese per dare materiale contatto con l’acciaio, la ghisa, gli spessori delle pareti, il peso degli elementi e comprendere la forza dilaniante degli esplosivi che erano in grado di frantumare e frastagliare anche elevati spessori di metallo: una evidente forzatura per far comprendere per deduzione quanto drammatico potesse essere l’effetto sugli uomini in guerra. Sopra al banco con gli oggetti è stato predisposto un pannello esplicativo con le foto e le descrizioni multilingue degli oggetti esposti.
la seconda postazione è stata allestita all’interno della sezione dei trasporti su neve. Elemento principale è una slitta in legno con pattini in ferro: essa è costituita per il 50% da parti originali e 50% da parti nuove. Tali parti sono
nettamente riconoscibili alla vista, ma anche al tatto: il legno nuovo infatti è stato levigato (come era in origine) mentre il legno originale presenta le tipiche scabrosità date dal ritiro e dal consumo delle parti più tenere degli anelli di crescita a seguito della prolungata permanenza agli agenti atmosferici. Oltre alla slitta sono presentati altri elementi tipici del muoversi sui ghiacciai, tra cui uno spezzone di corda di canapa (materiale oggi praticamente scomparso dalla vita di ogni giorno) e un rampone da ghiaccio. Sopra al banco con gli oggetti è stato predisposto un pannello esplicativo con le foto e le descrizioni multilingue degli oggetti esposti.
La terza postazione tattile è dedicata a presentare alcuni degli oggetti tipicamente presenti in trincea e nella dotazione di combattimento del soldato come bombe a mano, un elmetto, bicchierino, vanghetta, cartucce, ecc. Oggetti diversi, ma accomunati dalla loro quotidianità nella vita del soldato della Grande Guerra. Sopra al banco con gli oggetti è stato predisposto un pannello esplicativo con le foto e le descrizioni multilingue degli oggetti esposti.
Con quanto illustrato risulta evidente l’attenzione che il Museo ha posto sul tema dell’accessibilità e della fruibilità da parte dei visitatori con disabilità, ma consapevole della grande varietà delle possibili difficoltà fisiche e non solo di coloro che vorrebbero visitare il Museo, è sempre possibile rivolgersi alla segreteria per concordare specifiche visite accompagnate.
Le attività svolte fondano il proprio rigore tecnico-scientifico sui risultati della costante attività di ricerca condotta sul campo da parte degli operatori del Museo, attività evidenziata anche da diverse pubblicazioni a carattere specialistico.
La garanzia della serietà del complesso delle attività del Museo è data dai numerosi riconoscimenti ottenuti da parte degli organi istituzionali.
Risultato dell'attività di ricerca e delle sue numerose applicazioni è il fatto che oggi il Museo svolge un ruolo trainante nello sviluppo di metodi e strumenti condivisi per la gestione dei Beni Culturali a carattere Storico-militare; metodi e strumenti tali da garantire la massima professionalità nelle attività di conservazione e valorizzazione del Patrimonio Storico.
A sostegno delle attività cui si è accennato il Museo ha a disposizione un'ampia biblioteca specializzata e un archivio cine-fotografico ove sono raccolte diverse migliaia di documenti e immagini sulla Grande Guerra in alta quota.
Uno dei principali filoni di ricerca è la definizione del sistema di catalogazione delle Armi e dei Beni Storico-militari (inizialmente scheda STM), sistema proprietario di cui il Museo detiene il copyright, che nel 2003 è stato accolto quale standard dal SIRBeC (Sistema Informativo Regionale per i Beni Culturali) della Regione Lombardia attraverso la scheda PSM (Patrimonio Storico Militare) unica nel suo genere a livello nazionale. Dal 2006 il sistema di catalogazione è stato distribuito a tutti gli enti della regione che si dedicano alla catalogazione dei beni. Il sistema, presentato tramite la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, è stato vagliato da parte dell'I.C.C.D. (Istituto Centrale di Catalogazione e Documentazione) che ha verificato la possibilità di adottarlo quale standard nazionale. Negli anni successivi si è passati alla catalogazione online attraverso SIRBeCWeb, un’immensa banca dati della cultura lombarda accessibile a tutti.
La tutela dei beni mobili che provengono dal territorio richiede una profonda conoscenza degli oggetti, dei loro materiali costituenti e delle molteplici situazioni di degrado: la complessa attività di musealizzazione procede dal monitoraggio del territorio per l'individuazione ed il recupero degli oggetti, al loro riconoscimento, inventario, studio, catalogazione e, in parallelo al loro trattamento conservativo. La prima collocazione dei beni è in ambienti di deposito dove si realizzano le migliori condizioni affinché sia possibile garantirne la sopravvivenza, a lungo termine. Soltanto in una fase successiva è possibile approfondire la conoscenza e individuare la possibilità di una collocazione all'interno del percorso espositivo.
Uno dei filoni di ricerca consiste nella definizione di linee guida e criteri tecnico scientifici per il trattamento e la conservazione delle Armi e dei Beni Storico-militari: la ricerca è sfociata nella redazione dell'ampio manuale tecnico-scientifico dal titolo "Armi e Beni Storico-militari, trattamento e conservazione - linee guida e criteri tecnico scientifici"; il manuale, ora in via di pubblicazione col sostegno del Comitato tecnico-scientifico speciale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il patrimonio storico della Prima Guerra Mondiale, è già stato accolto quale testo di riferimento dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia e dalla Soprintendenza per i Beni Storico-artistici della Provincia di Trento